A caccia di altre Terre!

Cari ragazzi questo approfondimento è dedicato ad Alfredo Scalera della classe 3aC che si interessa con curiosità di tutte le ultime notizie di scienza dal mondo.
Era il 1996, in una conferenza in Texas, venne annunciata la scoperta del primo pianeta orbitante intorno ad una stella di tipo solare. Il 28 febbraio del 2014 è stato reso noto che il numero di esopianeti, pianeti al di fuori del nostro sistema solare, scoperti e classificati è salito a 1750! Il 17 aprile 2014 uno straordinario articolo su Science ci ha emozionati parlando della scoperta di una nuova Terra, per ora nota come Kepler-186f. Siete pronti per partire?
Dal 1996 è nata una nuova branca dell'astrofisica: l'esoplanetologia. Uno dei suoi obiettivi è poter dare una risposta alla domanda delle domande: siamo soli nel nostro Universo? Infatti, oggi non solo possiamo identificare pianeti orbitanti intorno a stelle anche molto lontane da noi, calcolarne la massa, le dimensioni, la densità, la temperatura, ma è anche possibile studiarne l'atmosfera. Questo è straordinario perché saremo capaci di trovare mondi abitabili ed avere le prove di eventuali tracce di attività biologica, cioè di vita extraterrestre.
Nel 2001 per la prima volta gli scienziati sono riusciti a stabilire che c'era sodio nell'atmosfera di un esopianeta. Successivamente è stato possibile rilevare in altri casi metano, anidride carbonica, monossido di carbonio e acqua. Cerchiamo di capire come si scoprono nuovi pianeti e come si riesce a studiarne le caratteristiche e la composizione dell'atmosfera.

Dal 2009 ad oggi, la sonda Keplero ha osservato più di 100000 stelle, registrando la loro riduzione di luminosità dovuta al transito di un pianeta
orbitante intorno alle stelle stesse (eclissi primaria, figura a e b); quando il pianeta transita dietro la stella (figura b, eclissi secondaria),
si può studiare la sua atmosfera, analizzando la luce riflessa della stella e "filtrata" dai componenti dell'atmosfera planetaria.
(http://space-exploratorium.com/images/exoplanet-light-output.jpg
http://seagerexoplanets.mit.edu/images/transitschematic.gif)

Non è facile scoprire nuovi pianeti, visto che sono lontani e non emettono luce. Eppure sono stati trovati due metodi che funzionano molto bene. Il primo è quello della velocità radiale. Un pianeta, per quanto piccolo rispetto alla stella intorno alla quale orbita, ha pur sempre un effetto gravitazionale, che può essere misurato e fa "oscillare", per così dire, la stella. Dal calcolo dell'effetto gravitazionale del pianeta sulla sua stella si può calcolare anche la massa dell'esopianeta.
Il secondo metodo ha avuto un enorme successo e ci ha portato ad identificare centinaia di nuovi pianeti. Si chiama metodo del transito. Quando un pianeta passa davanti alla sua stella, ne riduce la luminosità. Questa riduzione, di un fattore pari a 1 su 10000, può essere misurata con precisione ed è direttamente proporzionale alla grandezza del pianeta. Non solo si scopre così un pianeta, ma, combinando i dati dei metodi della velocità radiale e del transito, si può quindi calcolarne la densità e fare ipotesi sulla sua composizione chimica. Ma non è finita. La cosiddetta eclissi secondaria ci permette di studiare la composizione dell'atmosfera del pianeta. Infatti, quando il pianeta transita dietro la stella, si osserva un'altra diminuzione di luminosità dovuta alla scomparsa della luce stellare riflessa dal pianeta. La luce riflessa dal pianeta dipende dalla composizione chimica della sua atmosfera. E' noto, infatti, che atomi diversi assorbono luce di colore diverso. Quindi, osservando gli esopianeti e la luce da loro riflessa con radiazioni di diversa lunghezza d'onda, si scopre il tipo di atomi presenti nell'atmosfera.

Confronto tra il sistema solare e il sistema Kepler-186, dove è stato identificato il pianeta gemello della Terra, Kepler-186f,
la cui immagine è una ricostruzione di fantasia basata sui dati scientifici.
(Immagine ripresa da Quintana et al., 2014,
http://www.tomshw.it/files/2014/04/immagini_contenuti/55413/kepler-186f-03_t.jpg)

E' cominciata la caccia. Molti astrofisici sono al lavoro per identificare nuovi sistemi solari e, soprattutto, gli esopianeti nelle cosiddette zone abitabili, quelle in cui le condizioni chimico-fisiche permettono l'esistenza di acqua liquida, indispensabile per la vita come la conosciamo. Uno dei primi esopianeti studiati è WASP-12b, un gigante caldo, ricco di carbonio, ospitante forse continenti fatti di diamante (!!!); poi c'è Gj 1214b, con un diametro 2,7 volte più grande di quello della Terra e 6,5 volte più massiccio, ma molto interessante perché si sospetta che ospiti acqua liquida. Come è ovvio, gli studiosi sono a caccia di ossigeno, difficile da rilevare, ma traccia inconfondibile della presenza di vita.
Ed ecco che lo scorso 17 aprile è stato identificato Kepler-186f e l'adrenalina è salita alle stelle, o meglio è salita al sistema stellare noto come Kepler-186. Qui intorno ad una nana rossa, lontana 500 anni luce dalla Terra nella costellazione del Cigno, orbitano 5 pianeti. Quello più esterno, Kepler-186f, si trova nella zona abitabile, ha un raggio che è pari a 1,1 volte quello della Terra e potrebbe avere acqua liquida sulla sua superficie. Non si conoscono ancora la sua composizione e la sua atmosfera, ma sembra che sia roccioso. Se gli studi dell'atmosfera confermassero una composizione simile a quella del nostro pianeta, sarebbe veramente la nuova Terra!!!
Ovviamente essere nella zona abitabile per un pianeta non significa che sia realmente abitabile, ma nella nostra Via Lattea, 7 stelle su 10 sono nane rosse come quella del sistema Kepler-186 e così la nostra speranza di trovare altre Terre sembra aumentare...
Nel 1961 l'astrofisico Frank Drake formulò una famosa equazione che voleva calcolare il "numero di civiltà extraterrestri presenti oggi nella nostra galassia con le quali si può pensare di stabilire una comunicazione". Questo numero dipende, secondo l'equazione di Drake, dal tasso di formazione di nuove stelle nella nostra galassia, dalla frazione di stelle con pianeti orbitanti, dal numero di pianeti in grado di ospitare vita, dalla frazione di pianeti su cui si è effettivamente sviluppata la vita, dalla frazione di pianeti su cui si è evoluta vita intelligente, dalla frazione di civiltà extraterrestri in grado di comunicare, dalla durata di queste civiltà. Stimando i vari parametri il valore che si ottiene è 600000 per gli ottimisti, praticamente 0 per i pessimisti. Io sono ottimista, e voi?

Referenze

Quintana et al. (2014) An Earth-sized planet in the habitable zone of a cool star. Science, 344: 277-280.
Lemonick M.D. (2013) Albe di cieli lontani. Le Scienze, 541: 36-41.
La missione Keplero: alla ricerca di pianeti abitabili.
Una mappa interattiva di esopianeti.
Il comunicato della NASA per la scoperta di Kepler-186f.
L'equazione di Drake.

Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it)