Melanina e lattasi: quando la selezione lascia tracce

Cari ragazzi leggere il DNA è forse una delle esperienze più emozionanti che un biologo possa fare. Sapete perché? Perché nella sequenza di quelle quattro lettere c'è scritta tutta la storia della vita. In alcuni casi le tracce dei processi evolutivi sono facili da identificare e ci raccontano storie di adattamenti continui all'ambiente. Ci sono due famosi esempi in biologia di cui vi parlerò qui di seguito: il colore della pelle e la tolleranza al lattosio.
Prima, però, ripassiamo i concetti che ci servono per capire. Homo sapiens, come tutte le altre specie viventi, si è adattato alle condizioni ambientali che, di volta in volta, ha incontrato nella sua lunga storia di migrazioni planetarie. Molte delle differenze fenotipiche, che osserviamo tra popolazioni umane provenienti da diverse parti del mondo, non sono altro che il risultato dell'adattamento a particolari condizioni ambientali. Una mutazione nel DNA può fornire un vantaggio selettivo. Gli individui che portano la mutazione nel loro DNA hanno una maggiore fitness e il risultato della riproduzione differenziale è una variazione delle frequenze geniche nelle generazioni successive. Questa è la selezione naturale, che guida il processo di adattamento ambientale. Sappiamo che due forme diverse dello stesso gene vengono chiamate alleli. Alleli diversi possono avere cambiamenti anche di una sola base. In questo caso si parla di SNPs (Single Nucleotide Polymorphisms), polimorfismi di singoli nucleotidi. Questa diversità genetica è la materia prima dell'evoluzione. Andando ad analizzare i polimorfismi di singolo nucleotide tra individui della stessa specie o specie diverse, si possono, quindi, ricostruire, a posteriori, i processi evolutivi. In particolare, analizzando gli SNPs, che producono effetti sul fenotipo (mutazioni adattative), si studia l'adattamento di una specie; analizzando quelli senza effetti fenotipici (mutazioni neutrali) si studiano le relazioni di parentela tra le specie. Se un gene ha un effetto positivo in un determinato ambiente, la sua frequenza aumenta nella popolazione, finché perdura la condizione per la quale si ha il vantaggio selettivo. In questo caso si dice che il gene è o è stato sotto selezione positiva. La selezione positiva lascia spesso tracce ben visibili nel DNA!

La variazione del colore della pelle nel mondo.
(http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/d/d0/Human_Skin_Colour.png)

Il primo esempio è il colore della pelle. Non è difficile osservare che gli uomini che vivono a latitudini più elevate hanno pelle e capelli più chiari degli uomini che vivono in zone tropicali o equatoriali. Sia Homo neanderthalensis che Homo sapiens hanno ridotto la quantità di melanina spostandosi in zone con minore insolazione. Studiando il loro genoma si è visto che le mutazioni che hanno portato allo stesso risultato fenotipico sono diverse. Un caso di convergenza adattativa. Ma la questione del colore della pelle è ancora più complessa. La pelle scura è stato un adattamento primario dei nostri progenitori africani bipedi, senza pelo, che iniziarono a vivere in spazi aperti. I geni, che rendevano la pelle più scura, determinando una maggiore produzione di melanina, si diffusero velocemente, circa 1,2 milioni di anni fa, perché proteggevano dai dannosi raggi UV solari. Ma la penetrazione della luce nella pelle è indispensabile per la produzione di vitamina D3, necessaria per la rimineralizzazione delle ossa. Quindi la migrazione verso latitudini più alte ha portato ad una depigmentazione della pelle, un compromesso adattativo per evitare danni da UV, ma al tempo stesso per produrre la sufficiente quantità di vitamina D3. Le mutazioni nei geni che hanno determinato la depigmentazione della pelle sono comparse più volte, in regioni diverse e anche in tempi recenti. Ogni volta sono state selezionate positivamente perché vantaggiose. Perché allora gli Eschimesi hanno mantenuto un fototipo scuro? I progenitori degli Eschimesi avevano una dieta ricca di pesce crudo, che è un'ottima fonte di vitamina D3. Conseguentemente le mutazioni, che hanno portato alla totale depigmentazione della pelle negli europei, non si sono diffuse negli Eschimesi. Nelle popolazioni europee, invece, dove l'alimentazione era ricca in cereali, poveri di questa vitamina, sono risultati avvantaggiati gli individui con mutazioni per pelli chiare, tali da far passare meglio la luce del sole, indispensabile per la sintesi della vitamina D3.

Persistenza dell'attivazione negli adulti del gene della lattasi nel mondo.
(http://media.hhmi.org/biointeractive/click/Human_Adaptation/08lactase5.html)

Altro esempio famoso: il gene della lattasi. La lattasi è un enzima che permette di digerire il disaccaride lattosio contenuto nel latte. Nell'intestino tenue questo zucchero viene scisso in glucosio e galattosio dalla lattasi. Tutti i neonati umani hanno il gene attivo, ma dopo lo svezzamento in molti individui il gene viene disattivato. Questo fenomeno è alla base dell'intolleranza al lattosio e delle difficoltà conseguenti a digerire il latte da adulti. Alcuni di noi hanno una mutazione, uno SNP, vicino al gene della lattasi, che lo rende attivo per tutta la vita dell'individuo, il quale potrà continuare a bere latte anche dopo lo svezzamento, senza nessun problema intestinale. Negli Europei è una T al posto di una C, vicino al gene della lattasi, che rende tolleranti al lattosio. Ma questa mutazione non è presente in tutte le popolazioni umane. Infatti, gli uomini capaci di digerire il latte anche da adulti si trovano soprattutto nel Nord Europa, in alcune zone dell'Africa occidentale e del medio-oriente. In Italia, per esempio, a seconda delle zone, dal 20 % al 60 % della popolazione adulta è intollerante al lattosio. Il gene della lattasi si trova sul nostro cromosoma 2. I genetisti hanno scoperto che la mutazione che permette ad alcune popolazioni africane di digerire il latte è diversa da quella delle popolazioni nord europee. Si tratta anche in questo caso di convergenza adattativa. I nostri antenati non avevano questa mutazione. Perché allora è comparsa e si è diffusa solo in alcune popolazioni? Evidenze archeologiche hanno permesso di datare l'inizio delle pratiche di allevamento in Europa intorno a 9000 anni fa e in Africa intorno a 7000 anni fa. Le popolazioni che oggi sono più tolleranti al lattosio derivano da questi primi allevatori, sia nel caso africano che in quello europeo. Non immaginate cosa sia successo? L'allevamento rese disponibile per l'uomo un nuovo alimento, il latte. Gli individui che casualmente portavano la mutazione per la tolleranza al lattosio si trovarono avvantaggiati e la mutazione si diffuse rapidamente di generazione in generazione. Ecco una chiara traccia di selezione naturale.
Dimmi cosa c'è scritto sul tuo cromosoma 2 e ti dirò se i tuoi antenati allevavano mucche oppure no! Trovo estremamente affascinante l'idea di poter leggere l'evoluzione attraverso una sequenza come:
GTATAAGTCAACCATAGTAAATGGATAA...

Referenze

Cavalli Sforza L.L., Pievani T. (2011) Homo sapiens. La grande storia della diversità umana. Codice Edizioni. Pag. 96, 114, 115.

Recent adaptations in humans. BioInteractive. HHMI (Howard Hughes Medical Institute).

Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it)